Criteri di tassazione del buono mobilità per dipendenti

Ratio Quotidiano
4 Gennaio 2021

La voce concorre alla formazione della base imponibile del reddito del lavoratore cui viene corrisposto se supera, sommato agli altri fringe benefit, il valore annuo di 258,23 euro (innalzato a 516,46 euro per il solo 2020). In tal senso l’interpello 31.08.2020, n. 293.
Un Ente locale, insieme ad altri Comuni del proprio territorio, aderiva al “Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa scuola e casa-lavoro” previsto dal D.M. 20.07.2016, n. 208. Nell’ambito del progetto veniva prevista la cessione a titolo gratuito di buoni mobilità e di agevolazioni tariffarie relative a servizi pubblici o di incentivi monetari ai lavoratori e agli studenti che usavano mezzi di trasporto a basse emissioni rispettivamente nel tragitto casa-lavoro e casa-scuola o università. La materia è stata oggetto di interpello per definire il trattamento fiscale.
I buoni mobilità sono definiti dal citato D.M. 208/2016 come "riconoscimento, a fronte dell'utilizzo di modalità di trasporto sostenibile quali piedi, bicicletta, trasporto pubblico locale, car sharing, car pooling in sostituzione dell'auto privata, di voucher prepagati validi per l'acquisto di beni e servizi connessi allo sviluppo di forme di mobilità sostenibile quali biciclette, abbonamenti di car sharing o bike sharing, titoli di viaggio sul trasporto pubblico locale, contribuzioni all'abbattimento del costo annuale dell'abbonamento al trasporto pubblico locale, riconoscimento di incentivazioni accessorie allo stipendio proporzionate ai km percorsi con modalità di trasporto sostenibile". A parere dell'istante, gli incentivi assegnati attraverso il buono mobilità non costituivano corrispettivo per remunerare una prestazione lavorativa qualsivoglia effettuata nei confronti del Comune datore di lavoro.
L’Amministrazione Finanziaria ha invece chiarito che il buono mobilità segue le regole previste per i fringe benefit e concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente secondo l’'art. 51, cc. 1, e 3, D.P.R. 22.12.1986, n. 917. In virtù di tale assunto, osserva la risposta all’Interpello "non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito".
Il Fisco precisa che la verifica del valore (che non deve essere superiore complessivamente nel periodo d'imposta a 258,23 euro – valore raddoppiato solo nel 2020 per l'emergenza Covid-19) va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito e, quindi, al netto di quanto il dipendente ha corrisposto per tutti i beni o servizi di cui ha fruito nello stesso periodo d'imposta, tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente intrattenuti nel corso dello stesso periodo d'imposta.
In sede di tassazione alla fonte del reddito di lavoro dipendente, il sostituto d'imposta deve applicare la ritenuta nel periodo di pagamento in cui viene superata la soglia: se risulta chiaro che il valore, tenuto conto dell'intero periodo d'imposta, sarà complessivamente superiore all'importo-soglia, deve effettuare la ritenuta fin dal primo periodo di paga.


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