Responsabilità estesa nei contratti di appalto e somministrazione, cambiano i termini della conciliazione, iter accelerato per il ricorso amministrativo del datore: le novità della L. 120/2020 in tema di tutela dei lavoratori.
La diffida accertativa è un istituto che viene esercitato in sede di indagine ispettiva, dopo l'accertamento di violazioni delle norme di legge o contrattuali da cui discendono crediti patrimoniali a favore dei lavoratori. In tal caso, l'ispettore del lavoro diffida la parte datoriale a corrispondere al lavoratore le somme dovute entro un certo termine. Il datore può adempiere e la diffida perde efficacia, oppure promuovere un tentativo di conciliazione (in forma monocratica) nella sede dell'Ispettorato territoriale del lavoro. Se il termine decorre inutilmente o se non si raggiunge alcun accordo, la diffida acquista valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo, consentendo così al prestatore di agire direttamente in via esecutiva per vedere soddisfatti i propri crediti. Tale disciplina ha subito di recente con la L. 120/2020 una serie di modifiche, volte essenzialmente a semplificare le procedure e ampliare la tutela dei lavoratori.
Un primo elemento di novità risiede nella possibilità di estendere l'istituto agli obbligati in solido nell'ambito di un contratto di appalto o somministrazione, tenendo presente in questa seconda ipotesi che i lavoratori utilizzati hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti dell'azienda utilizzatrice.
Un'altra importante innovazione riguarda il tentativo facoltativo di conciliazione. E' confermato il termine di 30 giorni dalla notifica della diffida per promuovere il procedimento: sino a che il termine non si conclude, il provvedimento rimane per così dire “congelato”, senza acquistare efficacia di titolo esecutivo. Alla procedura conciliativa potrà partecipare anche l'obbligato in solido, cosicché un eventuale accordo potrà aver effetto anche nei suoi confronti, mentre nell'ipotesi in cui alla conciliazione aderisca solo una parte, l'efficacia di titolo esecutivo varrà solo nei confronti dell'altra.
Sempre nel termine di 30 giorni, avverso l'atto di diffida l'obbligato ha l'ulteriore possibilità di presentare ricorso con le seguenti modalità:
– innanzi al Direttore dell'ufficio che ha adottato l'atto e non più al Comitato per i rapporti di lavoro ex art. 17 D.Lgs. 124/2004;
– avverso la diffida adottata dal personale ispettivo e non più avverso quella validata dal Dirigente di sede;
– il ricorso deve essere notificato anche al lavoratore, sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di 60 giorni dalla presentazione, a differenza dei 90 concessi al Comitato dei rapporti di lavoro;
– non vale più il silenzio-rigetto decorso il termine senza che l'amministrazione si sia pronunciata.
Val la pena sottolineare che i ricorsi vanno decisi unicamente sulla base della documentazione presente agli atti o di quella fornita dal datore di lavoro, non essendovi in questa fase alcun contraddittorio tra l'azienda e il lavoratore.
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