La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 10.05.2021, n. 12267, ha richiamato importanti principi relativi alla determinabilità, alla certezza nonché all’inerenza dei costi.
I giudici di Cassazione hanno trattato il caso di un avviso di accertamento emesso nei confronti di una SpA in base al quale non venivano riconosciuti i costi relativi a contratti di utilizzo di diritti di licenza esclusivi.
Non essendovi, a parere dell'Agenzia delle Entrate, un'adeguata documentazione nè una chiara determinazione del compenso legato al contratto, è stata contestata alla società la deduzione dei costi legati alla fattispecie.
La massima Corte si è espressa a favore dell'Amministrazione Finanziaria, ritenendo che in casi come questo è proprio il contribuente a dover documentare e provare l'inerenza del costo e non spetta al Fisco provare che si tratti di simulazione di atti o, in alternativa, provare lo scopo elusivo perseguito dal contribuente.
In seguito a un conferimento d'azienda tra 2 società, la conferente aveva escluso dall'atto le immobilizzazioni immateriali (know how, diritti di licenza, ecc.) concedendole successivamente in uso alla società conferitaria, ovviamente, a pagamento.
Il “prezzo” della concessione, però, veniva computato non con un criterio certo, ma attraverso criteri di percentuali sul fatturato. Tra l'altro, non sempre era rispettato lo stesso criterio in quanto, in qualche caso, la corresponsione della royalties avveniva altresì in assenza di un volume d'affari.
La C.T.R., nell'esaminare il caso, si era espressa a favore della SpA. Difatti aveva ritenuto l'operato della società giustificabile in virtù del principio della libertà d'impresa nell'ambito delle logiche infragruppo.
La Corte di Cassazione, ribaltando il giudizio, ha evidenziato l'importanza di criteri oggettivi in base ai quali dedurre i costi. A fronte di esborsi monetari, è opportuna e fondamentale una documentazione a giustifica delle prestazioni ricevute: analisi, stime, relazioni, corrispondenza, contrattualistica, ecc.
In assenza di una documentazione extracontabile, verrebbe meno la possibilità di acclarare la rispondenza tra un contratto di concessione di diritti e i relativi costi: il solo flusso finanziario, a maggior ragione tra imprese appartenenti ad uno stesso gruppo, non è elemento sufficiente a dimostrare l'inerenza del costo.
In effetti, il principio ispiratore della Corte nell'esame del caso è estendibile a tutti i costi aziendali: il meccanismo di determinazione delle spese deducibili deve essere idoneo, secondo i principi della certezza e dell'inerenza, a evidenziare con chiarezza la quantificazione degli importi. Infatti, i criteri generali per la deducibilità dei costi di esercizio o dei componenti negativi di reddito sono subordinati al rispetto dei principi di competenza, di certezza e obiettiva determinabilità e di inerenza (art. 109, D.P.R. 917/1986).
Ed è giurisprudenza consolidata che, quando si pone la questione sui concetti di inerenza e di certezza dei costi, l'onere della prova spetta sempre al contribuente. L'Amministrazione Finanziaria, invece, a differenza di quanto aveva sentenziato la C.T.R., non deve dare prova dell'elusività delle operazioni. Basta ricordare, in particolare, la sentenza n. 19600/2014 con la quale la Suprema Corte ha precisato che “la prova dell'inerenza incombe sul contribuente, anche in base al principio di vicinanza della prova”. Ciò, ovviamente, non esclude che l'inerenza dei costi dell'attività d'impresa possa essere dedotta dalle caratteristiche della spesa, cioè dalla tipologia di bene o servizio acquistato e dal rapporto tale bene o servizio e l'attività esercitata.
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