Nonostante sia possibile posticipare il versamento, è necessario un occhio di riguardo per quelle situazioni con somme maggiori di 250.000 Euro.
Babbo Natale non è mai stato generoso con i contribuenti: nel suo sacco, ormai da decenni, sono contenute scadenze che, nel pieno delle festività, incidono pesantemente sulla liquidità aziendale. Su tutti, un appuntamento assai sgradito, ossia l'acconto Iva, il cui termine ordinario è fissato al 27.12 ma per il 2020, considerato che cade di domenica, è slittato a lunedì 28.
Anzitutto partiamo dalla natura del versamento: parlare di acconto quando si pretende l'88% di quanto sarebbe complessivamente dovuto il 16.01 (“mensili”) o il 16.03 (“trimestrali”) dell'anno successivo, appare, per usare un eufemismo, almeno inappropriato. Ciò premesso, l'art. 2 D.L. 30.11.2020, n. 157, in esito alla perdurante emergenza sanitaria e considerata la grave crisi che ha investito larga parte dei settori economici, e segnatamente quello del commercio, ha prorogato al 16.03.2021 la scadenza in commento, con l'ulteriore precisazione che l'importo può essere versato in unica soluzione o in 4 rate mensili di pari importo, di cui la prima sempre entro il 16.03. Da segnalare, indipendentemente dalla forma scelta, che non sono dovuti né interessi, né sanzioni.
Il differimento, che presuppone il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, riguarda:
a) i soggetti, esercenti attività d'impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di Euro nel periodo d'imposta 2019 e che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel mese di novembre dell'anno 2020 rispetto a novembre 2019;
b) i soggetti aventi caratteristiche analoghe a quelle di cui alla lettera a) quanto al domicilio, sede legale o sede operativa, che hanno intrapreso l'attività di impresa, di arte o professione dopo il 30.11.2019.
Indipendentemente dai requisiti relativi ai ricavi o compensi e alla diminuzione del fatturato o dei corrispettivi, il differimento compete anche ai seguenti soggetti:
c) che esercitano le attività economiche sospese ex art. 1 Dpcm 3.11.2020, con domicilio fiscale, sede legale o sede operativa in qualsiasi area del territorio nazionale;
d) che esercitano attività dei servizi di ristorazione, con domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata o massima gravità e da un livello di rischio alto (“zone rosse”);
e) che operano nei settori economici individuati nell'allegato 2 al D.L. 149/2020 ed esercenti l'attività alberghiera, di agenzia di viaggio o di tour operator, aventi domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (“zone rosse”).
Strettamente connessa al nuovo termine di versamento, pur nel silenzio della norma, è la regolarizzazione, sotto la soglia penalmente rilevante, degli omessi versamenti Iva relativi al periodo d'imposta 2019. Si ricorda, infatti, ai sensi dell'art. 10-ter D. Lgs. 74/2000, che se tale violazione supera 250.000 Euro, si configura un reato che può essere “disinnescato” purché, entro il termine di versamento dell'acconto Iva, il contribuente riconduca l'omissione sottosoglia. Dunque, ipotizzando che il debito Iva 2019 non pagato ammonti a 255.000 Euro, sarà sufficiente versare un importo di almeno 5.000 Euro entro il 16.03.2021. Resta da chiarire, peraltro, poiché la rateazione riguarda espressamente l'acconto 2020, se è ipotizzabile anche un frazionamento del debito 2019, per evitare effetti penalmente rilevanti, in 4 rate, analogamente a quello che è previsto per l'acconto 2020. Su questo secondo aspetto è opportuna la massima cautela e, salvo diversa indicazione normativa o di prassi, si ritiene necessario “abbattere” la soglia penalmente rilevante entro il 16.03.2021, con unico versamento.
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